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Verifica dei ricavi per l’accesso al regime forfettario

Attualmente il regime forfettario è l’unico regime contabile agevolato per i contribuenti che svolgono attività di ridotte dimensioni; considerando infatti che il regime dei minimi non può essere più innescato già dal 2015 (ma può essere solo utilizzato da coloro che già lo utilizzavano in precedenza, fino ad esaurimento), esso è l’unica alternativa ai regimi ordinari di determinazione del reddito (contabilità semplificata e contabilità ordinaria).

All’inizio del periodo d’imposta ci si deve preoccupare di verificare il rispetto dei requisiti di accesso.

I requisiti di accesso e le cause ostative

Per accedere al regime forfettario, l’articolo 1, comma 54, L. 190/2014 stabilisce alcune condizioni di accesso che devono essere soddisfatte nell’anno precedente quello in cui si intende applicare il regime; il comma 57 invece prevede alcune cause ostative che, verificate nell’anno di riferimento in cui si intende beneficiare del regime agevolato, ne escludono l’applicazione.

Ai sensi del citato comma 54, in particolare, possono accedere al regime i contribuenti che:

  • hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, non superiori ai limiti specifici dettati dalla norma, diversi a seconda del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata;
  • hanno sostenuto spese per un ammontare complessivamente non superiore ad euro 5.000 lordi per lavoro;
  • possiedono beni strumentali il cui costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, alla chiusura dell’esercizio, non supera 20.000 euro.

Il requisito del limite di ricavi o compensi

Il requisito più immediato da verificare è quello dimensionale: per accedere al regime agevolato è infatti necessario rispettare un ammontare massimo di ricavi o compensi percepiti nel periodo d’imposta precedente.

La verifica va effettuata con il criterio utilizzato per la determinazione del reddito, cassa o competenza, utilizzato nell’anno precedente (ossia l’anno su cui si procede alla verifica); se il contribuente già applicava il regime forfettario, oppure, se applicava il regime di contabilità semplificata, è necessario controllare i ricavi/compensi incassati.

Se, invece, nell’anno precedente il contribuente ha utilizzato il regime di contabilità ordinaria, il limite va verificato per competenza.

Il limite di ricavi non è unico, come risultava essere nel regime dei minimi ex articolo 27 D.L. 98/2011, ma risulta differenziato in base al settore di attività, compreso nella forbice tra 25.000 e 50.000 euro, da individuare tramite il codice ATECO assunto dal contribuente.

Tale limite deve essere ragguagliato all’anno nel caso di attività iniziata in corso di anno; pertanto, se il contribuente ha assunto partita IVA nel corso del mese di dicembre 2017, basterebbe aver emesso una fattura di limitato importo per impedire l’utilizzo del regime forfettario nel 2018.

Il comma 55, lett. b), L. 190/2014 prevede che, nel caso di esercizio di più attività, contraddistinte da codici ATECO differenti, ai fini del diritto all’accesso o alla permanenza nel regime forfetario occorre considerare il limite più elevato tra quelli fissati per ciascuna delle attività esercitate.

La circolare AdE 10/E/2016 propone l’esempio di esercizio contemporaneo di una attività di commercio all’ingrosso ricompresa nella Divisione 45 dei codici ATECO e di un’attività di intermediario del commercio rientrante nel Gruppo 46.1; in tal caso, il limite di ricavi annui è pari a 50.000 euro.

Da notare che, trattandosi di un regime forfettario di determinazione del reddito, quest’ultimo non deriva dalla contrapposizione tra ricavi e costi, ma esso si calcola applicando un coefficiente di redditività predeterminato.